da Erica Zuanon
Ho ripescato questo prezioso estratto di Albert Einstein, che esprime la sua ‘idea sulla “crisi”. Parole dure, soprattutto quando si devono fronteggiare momenti difficili, con l’ansia di non sapere che domani ci aspetta, con l’impossibilità per moltissimi giovani di crearsi un futuro così come ci è stato insegnato a scuola.
Però parole come queste fanno riflettere. Soprattutto perché è vero che esistono alternative e che ci sono soluzioni.
Donald Trump e Robert Kiyosaky nel loro libro “Perché vogliamo che tu sia ricco” dicono chiaramente che “Tutti hanno problemi economici. Se vuoi arricchirti, risolvi i problemi. Identificare i problemi crea l’opportunità per creare una soluzione”
Ecco quindi le illuminanti parole di Einstein:
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
da Erica Zuanon
Respira. Sarai madre per tutta la vita.
Insegna le cose importanti. Quelle vere.
A saltare pozzanghere, ad osservare gli animali, a dare baci di farfalla e abbracci stretti. Non dimenticare questi abbracci, e non negarli mai. Può darsi che fra qualche anno gli abbracci che ti mancheranno saranno quelli che non hai dato.
Dica a tuo figlio quanto lo ami, ogni volta che lo penserai.
Lascialo immaginare. Immagini con lui.
Le pareti possono essere ridipinte. Le cose si rompono e possono essere sostituite. Le urla della mamma fanno male per sempre.
Puoi lavare i piatti più tardi. Mentre tu pulisci lui cresce.
Lui non ha bisogno di tanti giocatoli. Lavora di meno e ama di più.
E, soprattutto, respira. Sarai madre per tutta la vita. Lui sarà bambino una sola volta.”
(Jessica Gómez Álvarez)
da Erica Zuanon
Ogni giorno ciascuno di noi realizza moltissime cose. Alcune volte si tratta di cambiamenti drastici e che fanno la differenza nella vita. La maggior parte delle volte invece sono cose piccole, ma sono in ogni caso cose realizzate. Ma di questi successi grandi e piccoli, quanto tempo trascorri nella tua giornata a darti atto con soddisfazione ? Forse perchè le nostre aspettative – o quelle che abbiamo imparato di dover avere.. !- sono così alte che alla fine classifichiamo ogni cosa che facciamo come del tutto insignificante ? E’ chiaro a tutti l’importanza che hanno l’autostima e la sicurezza di sé nell’avere successo nella vita, nella carriera, nelle relazioni. Ma è anche altrettanto chiaro che autostima e sicurezza di sé non sono falsificabili, non si può fingere di averle: o ce l’hai davvero oppure mentire è impossibile ! Da dove vengono autostima e sicurezza di sé ? Ci hai mai pensato ? Se anche tu come me sei stato abituato a certi modi di pensare, ti verrà spontaneo dire che si tratta di doti che si hanno oppure non hanno, un qualcosa tipo “essere nati con la camicia”: Tizio è nato estroverso e sicuro di sé, Caio invece è un musone insicuro che ha paura della sua ombra. Nati così e punto. Niente da fare.
E invece non è affatto così la questione !
In primo luogo autostima e sicurezza di sé derivano dal capire e vivere il proprio valore unico, dal sentire di valere, dal riconoscere che abbiamo un valore e un impatto positivo sulla nostra vita e su quella degli altri. Non mi addentrerò per oggi nella discussione di quanto sia necessario per sentirsi di valere il riuscire a fare nella propria vita qualcosa che ci rispecchi profondamente, qualcosa che ci permette di mettere in pratica i nostri unici doni e talenti, perché sarebbe un discorso troppo lungo. Per ora mi limiterò a suggerirti 6 piccoli esercizi per migliorare i tuoi “muscoli del successo e dell’autostima”. Si tratta di esercizi che ti consiglio di fare ogni giorno perché, come ogni buona ginnastica può avere successo solo se la fai con costanza. Dunque:
- Quando qualcuno ti complimenta per qualcosa non nasconderti né cerca di minimizzare. Semplicemente prendine atto e ringrazialo per aver visto il tuo successo.
- Dedica un po’ di tempo a scrivere in un diario i tuoi successi, piccoli e grandi. Questo ti aiuterà a portare la tua attenzione un po’ ogni giorno sui tuoi successi. Naturalmente, mentre li scrivi, datti ogni volta un’amichevole e sorridente “pacca sulla spalla”
- Crea affermazioni positive su te steso e mantienile visibile nei luoghi che frequenti durante la giornata (in ufficio, in macchina, in bagno, nella borsetta, ovunque puoi insomma !).
- – questa è ben difficile.. !- Cerca di intercettare ogni pensiero del tipo “avrei dovuto e non ho fatto”, focalizzandoti invece su quello che hai raggiunto. Siamo sempre stati abituati a tenere l’attenzione su ciò che manca, su quello che ancora dobbiamo raggiungere e ci hanno detto che questo modo di procedere è l’unico che porta ad avere risultati. La verità purtroppo è che questo modo di procedere induce solo più sofferenza e irrequietezza, non aiuta assolutamente a fare di più. Per fare di più è necessario definire degli obiettivi e lavorare per raggiungerli, non soffrire per quello che ancora non abbiamo avuto il tempo di fare !
- A proposito di obiettivi: non averne è deleterio ma averne di irraggiungibili è forse anche più deleterio ! Perciò, sforzati di fissare obiettivi realistici e fermati piuttosto a complimentarti con te stesso ogni volta che li raggiungi o li superi.
- Fai molta attenzione a quando scivoli nella negatività e nell’autocritica non necessaria: leggi le tue affermazioni positive e il tuo diario per riprendere la traiettoria.
Naturalmente, e se mi segui da un po’ già lo sai, queste indicazioni pur ottime sono solo uno spunto di riflessione, non possono essere la soluzione radicale del problema. Come tutte le soluzioni di stampo tradizionale, sono azioni che possono aiutare per un certo tempo ma invariabilmente sono destinate a non durare: serve troppo sforzo ! La soluzione definitiva infatti deriva da un solo e unico tipo di intervento: quello che permette di accedere al subconscio e riscrivere gli antichi software che ci sono stati scritti dentro durante i primi anni della nostra vita.
da Erica Zuanon
Questa mattina, brancolando come uno Zombie dopo la solita notte di sonno “alternativo”, sono entrata in bagno e, a dispetto dei buoni propositi (“Salirò sulla bilancia solo una volta alla settimana”) mi sono ritrovata a guardare con il fiato sospeso il responso della maledetta.
Già, questa con la bilancia è un’altra delle guerre del tutto inaspettate che ho dovuto affrontare nella mia nuova condizione di mamma.
Prima di passarci infatti, avrò sentito dire un miliardo di volte – mentre il mio peso lievitava insieme alla mia piccola dentro la pancia! – una quantità di frasi tipo “Tranquilla, tanto poi, quando allatti vedrai che torni in forma in un baleno”.
E in effetti, man mano che mi guardavo attorno, vedevo neomamme felici e sorridenti, a passeggio con i loro bimbi appena nati e dall’aspetto perfettamente asciutto e snello.
Per non parlare dei casi televisivi eclatanti tipo Ilary Blasi o Michelle Hunzinker o Carla Bruni o le mille star di oltre oceano che ostentano corpi statuari praticamente già da 10 minuti dopo aver partorito!
Così, felice e fiduciosa, dopo la nascita della mia piccola, ho iniziato ad aspettare di vedere calare magicamente tutta quella notevole quantità di depositi non graditi, sparpagliati su pancia, sedere, braccia e cosce.
Sì, insomma, dappertutto! Ma il mio tormento erano le cosce. Cioè, lo sono sempre state: da che io abbia memoria l’ avere un paio di gambe di quelle perfette, tornite, affusolate che hanno alcune fortunate è stato uno dei miei sogni più ossessionanti – e frustrati.
Ma adesso, dopo la gravidanza, la situazione era davvero molto, molto, ma molto peggiorata.
Dai tempi dell’adolescenza infatti, in modi più o meno salutari che andavano dalla Dieta dell’uva a quella a Zona, passando per ogni altra proposta nel mezzo, alle saune forzate, alla compagnia del fumo di sigarette per tappare il senso di fame , a tentativi mai durati abbastanza di diventare un essere atletico, ero in qualche modo riuscita a contenere per una decina d’anni il mio peso in un range accettabile.
Essendo alta, da vestita le persone non notavano quello che notavo io davanti alla vista inclemente dello specchio, perciò non capivano mai come mai mi accanissi tanto a cercare di stare a dieta. Ma la verità è che la mia lotta con la bilancia non è mai smessa da quando è iniziata, il che è successo quando avevo circa 8 anni.
Capirai perciò come mi potesse rassicurare il vedere mia sorella che già al terzo mese post parto rientrava arzilla nella 44 e al 6° era diventata una 42, il tutto mentre la vedevo scofanarsi una ghiotta pizza alla carbonara gongolando perchè “La cosa bella di quando allatti è che non devi stare a dieta e dimagrisci comunque!”
Ora, non ho alcuna idea del motivo, ma la realtà dei fatti è che la mia piccola è nata il 17 maggio ma io, al 17 di gennaio successivo ovvero ben 8 mesi dopo, ero ancora allo stesso identico peso di quando avevo partorito!
E credimi, dopo i primi mesi, visto che le mie dimensioni non accennavano a ritornare “normali”, ho ripreso a mangiare solo cose sane e a cercare di fare movimento, ma invano.
I primi tempi in effetti, forte della certezza che tanto sarei dimagrita comunque perchè stavo allattando, trovavo libera consolazione delle mie atroci notti insonni in grandi scatole di biscotti e amenità varie.
Una volta capito però che, andando avanti così non solo non avrei perso i kg di troppo ma anzi ne avrei presi un sacco di altri, decisi di darci – con una fatica ATROCE! – un taglio.
Dai miei 20 anni di dieta sapevo che una cosa fondamentale era quella di fare movimento e naturalmente lo stesso consiglio lo trovavo in tutti i post e articoli su internet che leggevo alla ricerca di
- Consigli per dimagrire dopo la gravidanza
- Dimagrire durante l’allattamento
- Tornare al peso forma dopo la gravidanza
- Come dimagrire dopo il parto
- Come si fa a dimagrire dopo il parto?
- Come perdere peso dopo il parto?
Ma il punto era: COME DIAVOLO FACCIO A FARE GINNASTICA SE NON HO NEMMENO LA FORZA DI STARE IN PIEDI?????
(continua)
da Erica Zuanon
Il secondo libro di autoaiuto che ho letto è stato “Te Stesso al 100%” di Wayne Dyer, scrittore motivazionale americano. (Il primo era “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”… il che è tutto dire per capire come mi sentissi all’epoca).
In allora avrei dato chissà cosa per essere me stessa al 100%, ma non sapevo da dove iniziare.
Ricordo ancora come se fosse ieri. In quel periodo mi trovavo in vacanza al mare e trascorrevo ogni minuto a leggere le parole di Dyer e cercare di metabolizzarle.
Ma la cosa più difficile fu quando feci per la prima volta il mio incontro con “La Meditazione”. In quel libro – come in moltissimi altri che seguirono – se ne parlava come della manna dal cielo, il toccasana per ogni male, il requisito fondamentale per poter anche solo pensare di iniziare a stare bene.
Da brava allieva disciplinata mi applicai dunque quanto più potevo: mi svegliavo – nonostante la vacanza! – alle 4 di mattino per sedermi in silenzio sul terrazzo a cercare di fermare i pensieri e fare quello che avevo letto si doveva fare.
Che frustrazione…!
Non succedeva NIENTE degno di nota. Provavo e riprovavo ma di benefici nemmeno l’ombra. Di certo non era più calma e serena, nè tanto meno il mio senso di realizzazione cresceva di mezzo centimetro.
Da allora di tentativi per imparare a Meditare ne ho fatti davvero tantissimi, tutti con lo stesso disastroso effetto.
Poi, ben 10 anni dopo quella prima volta, deve essere arrivato il momento in cui “Quando l’allievo è pronto il maestro arriva”. Fatto sta che finalmente, in un periodo di profonda ridiscussione di tutta la mia vita fino ad allora, partecipai ad un Ritiro molto particolare, durante il quale riuscii ad avere la mia prima esperienza Diretta, di pura connessione con il Divino.
La cosa sconcertante è che, alla fin fine, non è nulla di così lontano da ciò che siamo abituati a percepire normalmente, solo che non lo sappiamo!
Dopo quella prima Esperienza ne sono seguite altre ma, la cosa più difficile doveva ancora arrivare: come portare questo nella vita di tutti i giorni?
Alla ricerca di questa e di molte altre risposte ho continuato il mio percorso di curiosità fatto di esperimenti di vita mescolati a letture di neuroscienze.
Quello che sono arrivata a scoprire è, secondo me, affascinante: esiste una vera e propria fisiologia degli stati meditativi. Esistono cioè dei segnali e condizioni precisi e misurabili che il nostro corpo emette quando si trova in condizioni di meditazione. Questo ingresso della Scienza in un campo tradizionalmente Spirituale è diventato per me una fonte di attrazione continua. Passo dopo passo mi ha permesso di arrivare al punto in cui ora posso dire che sì, ho finalmente trovato il modo di connettermi con il Divino e di non perdere la connessione!
E, caso mai capiti che la perdo, la ritrovo in tempi decisamente brevi 🙂
Ma vediamo quali sono, secondo la scienza, i principali effetti benefici della Meditazione.
Le prime ricerche sulle variazioni dei parametri cerebrali e fisiologici nelle persone che praticano la meditazione vennero fatte negli Stati Uniti già negli anni ‘70, in seguito alla divulgazione della meditazione trascendentale di Maharishi Mahesh yogi.
Il primo studio fu condotto presso l’università della California, a Los Angeles, dal fisiologo Robert Keith Wallace, che pubblicò i risultati su Science e Scientific American. I risultati vennero confermati anche dai fisiologi della Harvard Medical School (esistono ben 500 studi scientifici sugli effetti della Meditazione Trascendentale e, ovviamente, aggiungiamo noi, anche delle altre meditazioni), che constatarono come la pratica della meditazione produce uno stato di riposo e di rilassamento più profondo del sonno, creando la situazione ideale per rimuovere stress e tensioni.
Durante la meditazione il consumo di ossigeno e la frequenza cardiaca diminuiscono, mentre aumenta la resistenza della pelle. Chi medita è meno ansioso, irritabile e instabile dei non meditanti.
“Da un punto di vista neurofisiologico, quando si medita c’è prima di tutto un’inversione della dominanza cerebrale”, conferma Gianpaolo Buzzi. “Di solito, in stato di veglia, noi utilizziamo l’emisfero sinistro, legato al pensiero logico, razionale, mentre quando si cambia stato di coscienza (come avviene durante la meditazione, il training autogeno avanzato, il rilassamento profondo, l’ipnosi) lavora quello destro, legato al pensiero irrazionale e all’intuizione. Ma soprattutto cambia il metabolismo cellulare: infatti vi è un minor consumo di ossigeno e di glucosio (e quindi di energia) da parte delle cellule cerebrali.
Ancora, vi è una modificazione del sistema neuroendocrino: si abbassa il cortisolo (l’ormone dello stress) e l’adrenalina, anch’essa legata allo stress e aumenta il Dhea, l’ormone che favorisce il benessere.
(continua)
da Erica Zuanon
Come mai, con così tanta passione per la scrittura sono finita a fare ingegneria?
E’ presto detto, è tutta una questione di mucche, maiali e buon senso. Ora ti spiego.
Nel lontano 1970, nell’assolata e agricola piana veneta, papà Giorgione, in allora iperattivo ventenne, mentre raccoglieva alle 4 di mattina gambe di insalata nel campo del babbo – nonché mio nonno – sognava ad occhi aperti numeri e numerelli, fantasticando di poter iniziare presto una fantastica e ingegnosissima carriera da ingegnere.
Ma nonno Siro, brav’uomo radicato e concreto, al momento del dunque gli fece arrivare ben chiaro questo messaggio:
“Semo in campagna, ghe xe da curare ‘e vacche, da far nassare i vedei, far cressare i porsei, chi vuto che ghe interessa chee robe moderne ? Fa el veterinario, queo sì che ‘l xe lavoro pà fare schei !”.
Che tradotto suona circa così: “Siamo in campagna, ci sono da curare le mucche, far nascere i vitelli, far crescere i maiali, a chi vuoi che interessino mai quelle cose moderne ? Fa il veterinario, quello sì che è un lavoro che va bene per fare i soldi!”
E così papà Giorgione fece. Divenne un veterinario, un gran bravo veterinario, di successo.
Peccato però che l’ingegneria gli fosse rimasta proprio nel cuore. Quando io ero adolescente lui dormiva mediamente 4 ore per notte, trascorrendo le ore libere dal lavoro di veterinario a programmare software di anagrafe, studiando Cobol, Pascal, dBase e riempendo casa di libri (il sangue non è acqua.. quella della passione maniaca
le dei libri non è l’unica cosa che ho preso da lui..!).
Venticinque anni dopo il saggio consiglio di nonno, arrivato il mio turno di iscrivermi all’Università, io avrei tanto voluto fare l’accademia di arti drammatiche, diventare una Scrittrice, andare in giro per il mondo recitando, scrivendo, suonando il mio pianoforte.
Ma Giorgione tuonò.. “Cossa ? Semo quasi in tel 2000, ghe xe i computer, l’eletronica, questo xe el futuro, no “l’arte”! va fare ingegneria pitosto che te si brava in matematica e sopratutto queo sì che ‘l xe lavoro pà fare schei !”.
Tradotto: “Cosa? Siamo quasi nel 2000, ci sono i computer, l’elettronica, questo è il futuro, non l’arte! Vai a fare ingegneria piuttosto che sei brava in matematica e soprattutto.. quello sì che è un lavoro che va bene per fare i soldi!”
Corsi e ricorsi della storia…
Beh, ora ci rido su, ma la verità è che ho impiegato parecchi anni per ritrovare la rotta, dopo quella scelta di allora…