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“Ma ti sìtto una dee Szuanon?”
[n.d.t.: ma tu sei una delle Zuanon]

“Sì esatto, la più grande”
(tecnicamente qui si dovrebbe dire “ea pì vecia” ma io di darmi della vecchia non ho nessuna intenzione)

“Ah ecco! Me pareva! G’era ‘na vita che no te vedevo”
[n.d.t.: Ah ecco mi pareva, era una vita che non ti vedevo]

“Sì, in effetti lavoro da casa, è raro che esco a prendere un caffè al bar”
(non mi sembrava il caso di dirgli che da svariati anni passo le mie serate immersa fra libri di copywriting e web marketing perché amo il mio lavoro molto più che l’idea di andare a prendere uno spritz al bar…)

“Beh, me fa proprio piaxere vedarte, i tui come stai? E to papà? Grande omo to papà”
[n.d.t.: Mi fa piacere vederti, come stanno i tuoi? E tuo papà? Grande uomo tuo papà]

Continuiamo a scambiare quattro altre chiacchiere amabilmente sullo stato di mamma, pensione di papà, numero di nipoti a cui siamo arrivati e diverse lodi su quanto bravo era mio padre a fare il suo mestiere, quante persone ha aiutato, di quella volta che ha salvato quella situazione e di quell’altra che a quel tizio gli ha risolto un altro problema enorme…

Io sorrido, come sempre compiaciuta quando mi capitano queste avventure stile “Amarcord” con mio padre protagonista.

Il mio cuore di figlia si gonfia ogni volta di orgoglio.

Al momento di pagare il signore dice:

“No, niente! Te ‘o offro mì el caffè”

Io spalanco gli occhi in un sorriso di gratitudine per questo gesto inaspettato di gentilezza. Sorrido stupita perchè non ho fatto proprio niente per meritarlo. Mi ritrovo a ricevere una gentilezza per il solo fatto di essere figlia di mio padre e della scia di gratitudine e rispetto che ha lasciato in giro nei suoi anni di lavoro fra i contadini della bassa padovana…

Saluto. Risalgo in macchina.

E mi corre un brivido lungo la schiena.

Ecco da dove è nato tutto, in verità. 
Da mio padre.

L’esempio vivente che ho sempre avuto sotto gli occhi di quanto nel mondo del lavoro la differenza la fa chi, con piccoli gesti dal grande significato e la determinazione a non lasciare mai indietro nessuno, lascia un segno dietro di sé capace di durare per ben più di trent’anni e oltre.

Grazie papà.

(P.S: Resta comunque tutta colpa tua se sono diventata ingegnere-ma-volevo-fare-altro e ora tormento l’umanità perchè non si accontentino di un lavoro che non li realizza davvero! ??)

#unlavorochevale

Missione Lavoro, Massimo Rosa, Erica Zuanon