Ogni giorno la vita ci chiama, in più modi diversi, a dire la nostra, a prendere posizione, a fare scelte.
Sono milioni i bivi di fronte a cui ci troviamo ogni giorno ed è di fronte ad ognuno di questi che, sulla base di ciò a cui decidiamo di dare la vittoria, costruiamo il nostro futuro.
Personalmente penso che non esista nessuna risposta giusta o sbagliata in assoluto.
Un pò come spiegava quella deliziosa storiella zen su “Fortuna, sfortuna? Chi può dirlo?”.
Molti anni fa, in un povero villaggio cinese, viveva un agricoltore con suo figlio. Suo unico bene materiale, a parte la terra e la piccola casa di paglia, era un cavallo che aveva ereditato da suo padre.
Un giorno, il cavallo scappò lasciando l’uomo senza animali che potessero lavorare la terra. I suoi vicini – che lo rispettavano molto per la sua onestà e diligenza – accorsero a casa sua per dirgli che erano dispiaciuti per quanto era successo. Lui li ringraziò per la visita, ma domandò: “Come fate a sapere se ciò che mi è successo è una disgrazia per me?”
Qualcuno commentò a bassa voce con l’amico: “Non vuole accettare la realtà, lasciamo che pensi quel che vuole, così non si affliggerà per l’avvenuto.”
Ed i vicini andarono via, fingendo d’essere d’accordo con ciò che avevano sentito.
Una settimana dopo, il cavallo ritornò alla stalla, ma non era solo: era accompagnato da una bella giumenta. Al sapere questo, gli abitanti del villaggio – contenti, perché solo ora avevano capito la risposta che l’uomo aveva dato loro – tornarono a casa dell’agricoltore, congratulandosi per la buona sorte.
“Prima avevi solo un cavallo, ed ora ne hai due. Auguri!”, dissero.
“Grazie mille per la visita e per la vostra solidarietà”, rispose l’agricoltore.
“Ma come fate a sapere che l’accaduto è una benedizione per me?”
Sconcertati, e pensando che l’uomo stesse impazzendo, i vicini se ne andarono, commentando per strada “possibile che quest’uomo non capisca che Dio gli ha inviato un dono?”
Passato un mese, il figlio dell’agricoltore, decise di addomesticare la giumenta. Ma l’animale saltò in modo imprevisto, ed il ragazzo, cadendo in malo modo, si ruppe una gamba.
I vicini tornarono a casa dell’agricoltore, portando doni per il giovane ferito. Il sindaco del villaggio, solennemente, presentò le condoglianze al padre, dicendo che tutti erano molto dispiaciuti per l’accaduto.
L’uomo ringraziò per la visita e l’affetto di tutti. Ma domandò: “Come potete sapere se l’accaduto è una disgrazia per me?”
Questa frase lasciò tutti stupefatti, perché nessuno potrebbe avere il minimo dubbio di come un incidente ad un figlio possa essere una tragedia. Uscirono della casa dell’agricoltore, commentando fra sé: “È davvero impazzito; il suo unico figlio può rimanere zoppo per sempre ed ha ancora dubbi che l’accaduto possa davvero essere una disgrazia.”
Trascorsero alcuni mesi ed il Giappone dichiarò guerra alla Cina. Gli emissari dell’imperatore attraversarono tutto il paese alla ricerca di giovani in buona salute da inviare al fronte in battaglia. Arrivarono al villaggio e reclutarono tutti i giovani, eccetto il figlio dell’agricoltore che aveva la gamba rotta.
Nessuno dei ragazzi ritornò vivo. Il figlio guarì, i due animali fecero puledri che furono venduti dando una buona resa in denaro.
Perciò potremmo stare a discutere per anni sul fatto di “qual è la posizione giusta”. Il punto che voglio sottolineare invece, è un altro: di fronte alle scelte che la vita ti propone, voti o ti astieni?
Non è uno scherzo. Purtroppo la maggior parte delle persone è abituata ad “astenersi”, a “lasciar andare”, abdicando al proprio potere, limitandosi a farsi trascinare dalla corrente.
Ma la felicità, in questo modo, è impossibile da trovare!
Per essere felici è indispensabile essere saldamente a cavallo della propria vita. E’ indispensabile sapere cosa vuoi fare, dove vuoi andare e quanto sei disposto a metterti in gioco per arrivarci.
Ogni mezza misura è fallimentare.
Impossibile essere felici senza “sporcarsi le mani” con la vita.
Impossibile realizzarsi finchè si continua a nascondersi dietro una cortina di fumo travestita da sogno…”Eh, sì… io vorrei…. io farei… ma sai, il mondo, la crisi…”
E’ solo quando cominci a prendere fortemente in mano le redini della tua vita e scegli di rispondere in prima persona a tutto ciò che ti capita – magari anche sì, al referendum di turno – che allora puoi cominciare a pensare di vedere realizzati i tuoi sogni.
So che può essere difficile sentir tanto parlare di sogni ad un ingegnere.
E per lungo tempo me ne sono profondamente vergognata io stessa.
Fino a quando, invece, non ho capito che proprio nei sogni realizzati, nella propria autorealizzazione, c’è la chiave per il successo nel nuovo mondo di oggi, soprattutto in quello professionale e lavorativo.
Non mi credi?
Lo so, sembra quasi impossibile.
Anche per questo mi sono auto-lanciata una sfida apparentemente impossibile…